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📊 Deficit e tassi di interesse: cosa sta succedendo?

Buongiorno! Io sono Ale e questa è dipende, la newsletter che risolve tutti i tuoi dubbi sull'economia (per davvero!).

Di cosa parliamo oggi?

  • 🇮🇹 L’esplosione del deficit italiano

  • 🇪🇺 La BCE abbasserà i tassi?

🇮🇹 L’esplosione del deficit italiano

Credits: Bank of Hawaii

Il deficit italiano è aumentato in maniera del tutto inaspettata rispetto alle previsioni, passando dal 5,3% al 7,2% in rapporto al Pil, rendendo più complessa la gestioni dei nostri conti pubblici, già deteriorati e particolarmente sotto pressione per le spese “impreviste” del Superbonus.

L’incremento del deficit è da ricollegare alla dinamica relativa ai crediti d’imposta del Superbonus che ha segnato +40 miliardi€ rispetto alle previsioni (anche se verso la fine del 2023 già si sapeva che l’importo della misura sarebbe lievitato).

La cosa da notare è che nonostante il deficit sia variato in maniera consistente, il rapporto Deficit/PIL è diminuito di ben 2,9 punti, portando l’indicatore a quota 137,3%.

Com’è possibile?

I fattori da considerare sono principalmente due:

  • 📈 Inflazione: dopo anni di assenza è tornata (e in maniera decisamente aggressiva), erodendo il debito in termini reali

  • ⚒️ Ripresa: finita l’emergenza pandemica l’Italia ha ricominciato a produrre senza vincoli, consentendo di aumentare il Prodotto Interno Lordo, che nel 2020 è caduto a picco a colpi di lockdown

Questi due fattori hanno contribuito a far decrescere il rapporto Debito/PIL e a far guadagnare margini di manovra in termini di politica fiscale.

In Italia c’è qualcosa che non va:

  • Deficit al 7,2%.

  • Spesa pubblica nominale ormai oltre il 50% del Pil (>1.000€ miliardi).

Con dati del genere, mi aspetto una crescita sbalorditiva del Pil, data la spinta alla domanda aggregata considerevole (7,2% di deficit, non so se rendo l’idea ma è un numero da intervento pubblico post crisi finanziaria).

E invece no: la crescita del Pil Italiano prevista è inferiore all 1%. Amici Keynesiani, se il moltiplicatore fiscale della spesa pubblica (ormai finanziata in deficit) non è un’opinione, c’è qualcosa che non torna.

Una gestione scellerata dei conti pubblici, accompagnata da e(o)rrori ripetuti da parte della Ragioneria dello Stato che ha sottostimato in modo esagerato il costo reale del Superbonus, ci porteranno con ogni probabilità a una procedura di infrazione per eccesso di deficit in Europa.

Non possiamo permetterci errori di contabilità nazionale. Mentre il governo festeggia per i miliardi raccolti coi Btp valore, i nostri conti pubblici sono in bilico e il nostro debito è un gradino sopra il livello spazzatura (e questo lo dico per i risparmiatori che fanno finta di non ricordarselo).

Non è normale un deficit al 7%, e nemmeno una spesa pubblica al 50% del Pil, se il Pil non cresce a un ritmo sostenuto. Non abbiamo nemmeno più spazio fiscale per via dell’eccessiva pressione (fiscale) necessaria a coprire in modo strutturale la spesa pubblica crescente. Eppure, in Italia c’è chi ha paura del “liberismo”, e pensa che lo Stato non intervenga abbastanza nell’economia.

Lo Stato c’è, e forse interviene troppo e male, dato che ormai nemmeno l’aumento di spesa in deficit (al 7%) porta a un ritorno positivo sul Pil.

🇪🇺 La BCE abbasserà i tassi?

L’ipotesi di un taglio dei tassi di interesse si fa sempre più concreta per l’Eurozona. Tale possibilità è da considerarsi concreta visto che il fenomeno di alta inflazione scatenatosi a seguito della pandemia e della guerra in Ucraina, sembra essersi ridimensionato.

Credits: European Central Bank

La BCE segnala come l’inflazione europea fosse trainata principalmente da beni energetici e alimentari e che la diminuzione del loro prezzo ha contribuito in maniera maggiore al ritorno ad un livello generale dei prezzi in linea con gli obiettivi di politica monetaria.

Inoltre, è da notare come sia diminuita anche l’inflazione core, sebbene in misura minore.

Tali rilevazioni rendono lecito il pensiero secondo il quale quest’anno inizierà la discesa dei tassi di interesse di riferimento da parte della BCE, con diversi effetti sull’economia europea:

  • 💰 Finanziamenti meno costosi per famiglie ed imprese

  • 📈 Costo del servizio del debito meno oneroso per lo Stato

  • 🆙 Aumento di valore dei titoli emessi nel periodo di elevati tassi di interesse

Né la BCE né la FED hanno (ancora) annunciato la riduzione dei tassi di interesse che alcuni auspicavano. Hanno fatto bene? Credo di sì.

Innanzitutto, il dato da considerare è l’inflazione core. È questo che deve arrivare al 2%, altrimenti il rischio di una nuova pressione sui prezzi è sempre alle porte.

Studi empirici della BCE mostrano come l’inflazione core si abbassi con vari mesi di ritardo rispetto all’inflazione headline, perciò bisognerà aspettare ancora un po’.

Inoltre, le banche centrali sembra stiano utilizzando un approccio sempre più data driven, del tipo: ridurremo i tassi se e solo se i dati ci diranno che l’inflazione (core) è arrivata al 2%.

Lo fanno probabilmente per prendere tempo, ma non credo sia questo l’approccio corretto per indirizzare le aspettative. Infatti, sono proprio le banche centrali che con la forward guidance dovrebbero dare un indirizzo chiaro delle mosse di politica monetaria da mettere in atto per arrivare al target, e non viceversa, cioè che le proprie mosse dipendono dalla distanza dal target.

In ogni caso, la spinta inflazionistica sembra si stia attenuando, e i dati macroeconomici ci indicano che la recessione è scampata nella maggior parte delle economie avanzate. Anche per questo, a mio avviso, le banche centrali non hanno necessità di ridurre così in fretta i tassi.

Staremo a vedere.

Alla prossima
Ale 💙

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💭 La lettura lunga della settimana

Le elezioni europee si avvicinano sempre di più e con esse anche la definizione del bilancio europea, in relazione allo stanziamento di risorse economiche e la definizione dei differenti ambiti di spesa.

👨🏻‍🏫 Il Grafico della settimana

La distribuzione della ricchezza è un tema centrale nelle economie avanzate, in particolare si vuole evitare una polarizzazione estrema nella quale pochi detengono sostanzialmente tutto.

Credits: European Central Bank

La BCE ci dipinge un panorama nel quale la quota di ricchezza detenuta dal 5% più ricco è diminuito leggermente dal 2015, attestandosi, attualmente, al 43%.

Inoltre, la ricchezza mediana è in costante crescita dal medesimo ano di riferimento.

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