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Il reshoring del “Made in Italy”

Buongiorno! Io sono Ale e questa è dipende, la newsletter che risolve tutti i tuoi dubbi sull'economia (per davvero!).

Di cosa parliamo oggi?

  • 🇮🇹 Il reshoring del “Made in Italy”

  • 🧠 Il rientro dei cervelli sarà meno conveniente

Il reshoring del “Made in Italy”

Credits: Openonline

La strategia delineata dal viceministro all’Economia Maurizio Leo è chiara: diminuire il carico fiscale per le imprese che decidono di spostare la loro sede legale in Italia.

La misura comporta una diminuzione pari al 50% dell’imponibile di Irpef, Ires e Irap.

Il fine è quello di attirare:

  • 🇮🇹 Imprese italiane che hanno spostato all’estero la loro sede legale

  • 🌎 Multinazionali che hanno la loro sede all’estero

Questi i dettagli precisi della misura:

  • 💰 Diminuzione del carico fiscale del 50%

  • 🕜 Per una durata pari a 5 anni

  • ✖️ Impossibilità di richiedere lo sgravio se nei 24 mesi precedenti al reshoring si è avuta sede legale in Italia

  • 👮 Sanzioni in caso di trasferimento totale o parziale dell’azienda in questione nel caso in cui non siano trascorsi 5 anni

Insomma, l’obiettivo è rendere più conveniente lo spostamento della sede legale all’interno dei confini italiani, così da stimolare l’occupazione ed aumentare le entrate statali.

Sarà sufficiente?

Il reshoring mi sembra una misura molto positiva, in quanto dà un forte stimolo alle imprese a localizzarsi nel nostro Paese e a creare valore aggiunto.

Quest’ultimo porta alla crescita dei consumi e degli investimenti, attraverso lo stimolo dell’occupazione.

Per quanto tale politica sia positiva e vada in una direzione che giudico consona ed auspicabile, per trovare i fondi necessari al finanziamento di questa scelta di politica economica si sono dovute togliere risorse ad un’altra voce di spesa molto importante

Nella prossima opinione vi spiego meglio il problema.

Il rientro dei cervelli sarà meno conveniente

Credits: Wired

Prima di scendere nei dettagli dobbiamo dire cosa stabilisce l’attuale legge relativa agli incentivi per chi rientra dall’Estero:

Nell’aprile del 2019 il decreto “Crescita” stabilisce che l’esenzione dell’IRPEF viene riconosciuta a tutti i lavoratori che hanno trascorso almeno due anni all’estero e decidono di trasferire la propria residenza in Italia per almeno due anni.

L’esenzione è del 70% per tutti i lavoratori, e sale al 90% per chi decide di rientrare in Italia e trasferirsi al Sud. È del 90% anche per professori e ricercatori universitari. Vuol dire che queste persone rimpatriate pagano imposte calcolate solo sul 30% o sul 10% del reddito imponibile.

L’attuale riforma invece prevede:

  • 🧾 Aumento dell’imponibile Irpef al 50% per tutte le categorie ad eccezione dei professori universitari e dei ricercatori

  • 💰 Tetto al reddito di €600.000, con le eventuali quote superiori tassate secondo il regime ordinario.

  • ⚽ Decadimento dell’agevolazione fiscale per i calciatori

Questo significa che, per i lavoratori altamente specializzati emigrati all’estero, dal 2024 sarà meno conveniente tornare in Itala (a meno che non siano ricercatori o professori).

La misura punta a riordinare la disciplina sul rientro dei cervelli, anche se non mancano lamentele tra chi aveva intenzioni di rientrare e si è visto cambiare i parametri di riferimento.

Il Governo ha deciso di “tagliare” le risorse destinate al “rientro dei cervelli”.

Ammetto che non ho un’opinione molto definita su tale argomento, però mi sento di fare due considerazioni riassuntive di ciò che penso:

  • Sono convinto che sia necessario incentivare il rientro dei lavoratori altamente specializzati attraverso l’utilizzo di sgravi fiscali, in quanto, a livello di ambiente, non si può fare molto (dimensione delle imprese, basso livello di R&D)

  • A mio avviso c’è però un problema di equità nei confronti dei lavoratori che non emigrano. E l’iniquità sta nel fatto che basta lavorare “solamente” due anni all’Estero per poter godere di vantaggi fiscali rilevanti per i successivi dieci anni

Penso comunque che la riforma di tale misura non era la priorità in questo momento, e si poteva probabilmente attingere ad altre risorse.

Lo Stato ha preferito tagliare risorse ai “cervelli”, ribadendo ancora una volta la poca importanza che il nostro Paese dà al capitale umano e la poca centralità che questo riveste nelle nostre politiche economiche.

Alla prossima,
Ale 💙

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💭 La lettura lunga della settimana

Il tema della spesa pensionistica è sempre un argomento delicato per il nostro Paese, da un lato per l’equità intergenerazionale, dall’altro per la tutela dei conti pubblici, che nonostante i massicci interventi risultano nel complesso relativamente deteriorati. (Leggi qui)

👨🏻‍🏫 Il Grafico della settimana

Il grafico sottostante ci mostra come i rimpatri, per quanto in crescita, siano costantemente inferiore rispetto agli espatri.
Abbiamo, di fatto, un’emorragia di competenze e high-skilled workers verso l’Estero.

Al di là del 2020 (ma non conta viste le conseguenze estreme dettate dalla pandemia), il trend rimane quello.

I rimpatri crescono, ma gli espatri lo fanno in maniera più decisa e preoccupante.

Credits: lavoce.info

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