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La FED non molla: tassi invariati!

Inoltre, il cuneo fiscale pesa sugli stipendi

Buongiorno! Io sono Ale e questa è dipende, la newsletter che risolve tutti i tuoi dubbi sull'economia (per davvero!).

Di cosa parliamo oggi?

  • 🇺🇸 La FED non molla: tassi invariati!

  • 🇮🇹 Quanto pesa il cuneo fiscale?

🇺🇸 La FED non molla: tassi invariati!

La FED non abbasserà i tassi di interesse

Ma perché?

Attualmente il tasso di interesse di riferimento della Banca Centrale statunitense si attesta tra il 5,25% e il 5,50%, eppure dopo mesi di politica monetaria restrittiva, i tassi non vedono ancora margini di manovra per un ribasso.

La decisione trova il suo fondamento nei dati che seguono:

In generale, gli indicatori fanno presumere che l’inflazione debba ancora essere “domata” e che quindi un ribasso, allo stato attuale delle cose, non consentirebbe a questa di diminuire fino al raggiungimento del target del 2%.

Powell ha aggiunto che prevede un iniziale taglio dei tassi a novembre, sempre se gli indicatori economici lo permetteranno.

C’è una cosa importante che Powell ha detto in conferenza stampa, e su cui sono d’accordo: stando ai dati, non trova la parte “stag” nella parola “stagflazione” (quello scenario economico in cui c’è stagnazione, cioè il Pil non cresce e si riduce, insieme a inflazione, cioè i prezzi aumentano).

Infatti, sebbene le stime di crescita siano inferiori rispetto a quelle previste in caso di tassi più bassi, l’economia statunitense non è ferma. Rallenta rispetto a prima, ma cresce.

Perciò, è corretto dire che ci sia inflazione, ma non che ci sia allo stesso tempo stagnazione.

Se per scongiurare un’ormai (spero) remota spirale prezzi-salari bisognerà tenere i tassi fermi, a costo di ridurre la crescita del Pil senza andare in recessione, allora credo sia giusto procedere in questa direzione.

🇮🇹 Quanto pesa il cuneo fiscale?

Partiamo dal definire il cuneo fiscale:

Il cuneo fiscale è la differenze tra lo stipendio lordo (quello pagato dal datore di lavoro) ed il netto (ciò che viene percepito dal lavoratore).

Per capire quanto pesa il cuneo fiscale in Italia possiamo iniziare con un confronto internazionale del peso dello stesso in busta paga (Repubblica):

  • 🇧🇪 Belgio 52,7%

  • 🇩🇪 Germania 47,9%

  • 🇦🇹 Austria 47,2%

  • 🇫🇷 Francia 46,8%

  • 🇮🇹 Italia 45,1%

  • 🇬🇧 Regno Unito 31,3%

  • 🇺🇸 USA 29,9%

  • 🇨🇭 Svizzera 23,5%

Insomma, il panorama è abbastanza variegato e la cosa sorprendente è che non siamo i primi in termini di peso del cuneo fiscale sulle retribuzioni.

Inoltre, vale la pena sottolineare come quasi la metà di quanto erogato in termini lordi finisca in tasse e contributi nel momento in cui si “trasforma” in retribuzione netta.

Ciò che risulta interessante è capire come farà l’attuale Governo a gestire il taglio del cuneo fiscale fatto a debito e che verrà rinnovato l’anno prossimo.

In termini più diretti:

“Il Governo italiano, viste le problematiche fiscali e gli aggiustamenti da effettuare, al fine di diminuire il peso del debito pubblico, potrà permettersi un’altra misura finanziata a debito?”

Come abbiamo visto nella newsletter precedente, in Italia stiamo assistendo a una situazione in cui il tasso di occupazione è ai massimi storici, il che è positivo, ma i salari rimangono stagnanti nonostante gli sforzi per incentivare le assunzioni. Questo è in gran parte dovuto al peso del cuneo fiscale.

Il cuneo fiscale di fatto riduce l’incentivo ad assumere, e limita le possibilità di aumenti salariali significativi e competitivi nel tempo.

Quando si parla di cuneo fiscale bisogna però entrare nell’altro lato della medaglia: il sistema pensionistico. Gran parte delle risorse raccolte attraverso il cuneo fiscale vengono utilizzate proprio per finanziare la previdenza sociale (spoiler: le pensioni). Finché non si riesce a riformare il sistema pensionistico in termini di equità generazionale, sarà difficile ridurre il costo del lavoro senza compromettere il finanziamento delle pensioni.

È importante chiarire che l'aumento della produttività è cruciale in questo contesto: infatti, aumentare l'efficienza del lavoro può contribuire a compensare la riduzione del costo del lavoro senza compromettere la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico. Ma la produttività sappiamo com’è messa nel nostro Paese.

Perciò, per stimolare una crescita salariale ed economica di lungo periodo è necessario agire su entrambi i fronti: aumentare la produttività e ridurre il costo del lavoro. Solo attraverso un approccio bilanciato a questi due fattori sarà possibile generare una crescita sostenibile dei salari e dell'economia nel complesso.

Alla prossima
Ale 💙

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💭 La lettura lunga della settimana

Il tema della difesa comune, a livello europeo, è tornato a far parlare di sé, specialmente con l’esplosione delle tensioni tra Russia e Ucraina.

In particolare, vale la pena vedere come attualmente ci sia una diversificazione estrema nell’equipaggiamento europeo, facendo venir meno le preziose economie di scala, e come ogni Stato spenda quote di PIL differenti, scatenando non pochi malumori all’interno della NATO in termini di valore minimo che ogni Stato dovrebbe investire nella stessa

L’OCPI tratta la questione in maniera più approfondita!

👨🏻‍🏫 Il Grafico della settimana 

La temperatura media globale sta aumentando, e con essa il numero di eventi estremi che danneggiano il capitale fisico e umano delle nostre società.

Si pensi che nel marzo del 1945 la temperatura media mensile globale era pari a 13,7°C, mentre nel marzo del 2024 era di 14,97°C.

Un aumento di quasi 1,3°C!

E’ indubbio che la causa di tale aumento sia l’attività umana e che un intervento volto alla decarbonizzazione sia parte della soluzione, ma la domanda sorge spontanea:

Riusciremo a invertire il trend che vediamo nel grafico?

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