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È vero che con il rialzo dei tassi l’Italia ha 15 miliardi in meno?

Buongiorno! Io sono Ale e questa è dipende, la newsletter che risolve tutti i tuoi dubbi sull'economia (per davvero!).

Di cosa parliamo oggi?

  • 💰 È vero che con il rialzo dei tassi l’Italia ha 15 miliardi in meno?

  • 🗣️ Secondo Mattarella le regole del bilancio Ue “non devo essere ottuse”

È vero che con il rialzo dei tassi l’Italia ha 15 miliardi in meno?

Secondo il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in Europa siamo messi male per colpa della politica monetaria restrittiva della BCE.

Secondo il Ministro, “se i tassi fossero rimasti quelli dell'anno scorso o di due anni fa avremmo avuto 14-15 miliardi in più da mettere sul fisco, ma non ci sono più e si farà più fatica”.

Secondo Giorgetti:

  • Lo spread dei tassi tra 2022 e 2023 ha prosciugato le risorse per la manovra finanziaria

  • Le richieste dei partiti quando si parla di legge di bilancio sono sempre oltre le possibilità e alla fine si devono far quadrare i conti

  • Dobbiamo decidere il livello di deficit che dovrà anche essere approvato dall’Europa, e questo numero deve essere ragionevole e dimostrare la volontà del Paese di tornare a una politica fiscale prudente che sia compatibile con il nostro livello di debito

  • A far paura non è la valutazione della Commissione, ma quella dei mercati che comprano il nostro debito pubblico

  1. Se da una parte Giorgetti ha ragione nel dire che i conti devono quadrare e che l’aumento dei tassi ha per certi versi ridotto le disponibilità dello Stato, è anche vero che omette di specificare come non ci fossero grandi alternative…

  2. Quale sarebbe dovuta essere la strategia della BCE? Lasciar correre l’inflazione? Se così fosse, quei 15 miliardi lo stato li avrebbe dovuti spendere in bonus e sussidi per i cittadini, quindi poco cambia…

E aggiungo: è chiaro che ad un paese in debito come il nostro una situazione ad alta inflazione e tassi bassi fa molto comodo, visto che il debito viene eroso e il nuovo indebitamento costa poco.

Lascio a voi tirare le somme…

Il Governo vuole 60mila nuovi posti-letto per gli universitari

Il messaggio è chiaro: bisogna trovare 60mila posti-letto per gli universitari fuori sede entro il 2026, da realizzare coi soldi del PNRR.

Il tema non è da poco ed un cruccio che ci portiamo avanti da tempo, considerando che è stato a lungo dibattuto con Bruxelles ed è ciò che ha bloccato per parecchio tempo la quarta rata del PNRR da €16,5 miliardi.

Ma qual è il piano?

  • Entro il 2022 dovevamo costruire 7.500 posti letto… e se è vero che ne abbiamo costruiti un po’, una buona parte dei soldi finora investiti sono andati all’adeguamento di posti letto già esistenti (barbatrucco..)

  • Abbiamo quindi concordato di spostare questo obiettivo, passando direttamente a quello finale da 60mila posti, da realizzarsi entro il 2026.

  • Ora è in corso un censimento degli immobili non utilizzati da convertire in studentati, a cui hanno partecipato enti pubblici, università e gestori privati.

Rispetto a quest’ultimo punto, dei 67mila posti letto utilizzabili da edifici pubblici e privati, circa uno su tre si trova nelle grandi città, con Milano in testa con quasi 11mila, poi Roma con 5mila, e infine Napoli e Torino con 2.700 ciascuna.

Che i ritardi del PNRR ci siano non è una novità, per cui non sorprende che gli obiettivi del 2022 sui posti-letto siano stati posticipati. Il tema è cruciale, per cui molto bene che non sia stato de-prioritizzato, aspetto per il quale probabilmente dovremmo ringraziare Bruxelles.

Quello del caro-affitti per gli studenti universitari se ne parla da mesi, con la famosa protesta degli studenti del Politecnico di Milano in tenda fuori dall’università di qualche mese addietro.

Ciò che sarà importante è tenere bene a mente queste esigenze e non “dimenticarsi” di investire questi soldi del PNRR, perché da qui al 2026 le priorità politiche potrebbero cambiare (anche se non dovrebbero).

Lascio a voi tirare le somme…

Alla prossima,
Ale 💙

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💭 La lettura lunga della settimana

Sono ovunque: nelle nostre automobili, nei nostri telefoni e anche nelle nostre lavatrici. Senza di loro non potremmo portare avanti molte delle nostre attività quotidiane allo stesso modo. Ma sono assemblati da pochissimi produttori. E proprio per questo, il futuro di interi paesi dipenderà da chi uscirà vincitore nella gara dei semiconduttori (leggi qui)

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